Sono tante le domande che a noi genitori vengono (o dovrebbero venire) spontanee rispetto ai giochi tecnologici, alcune di esse sono forse giustificate dal fatto che la nostra generazione non è cresciuta a pane e tecnologia, ma è stata invece catapultata in questo mondo solo in età adulta, quando la nostra coscienza era già formata per discernere cosa è giusto o sbagliato. Ma di fronte ai nativi digitali cosa dobbiamo pensare? Stefano Scarparo Alves, fondatore di Kidsonthetree, che spesso ci mette davanti a interessanti quesiti legati al mondo dei bambini e al loro svago, si pone queste importanti domande: “Perché i giocattoli sono un trend in crescita? Perché i bambini di oggi sembrano preferire i giochi tecnologici a quelli classici? I giochi classici e tradizionali vanno ancora di moda?” Sicuramente in questa forma, o in altre, queste domande saranno sorte più o meno a tutti e forse in parte, siamo anche riusciti a dare una personale risposta.
Il papà di Kidsonthetree, ferrato in materia, ci fa notare che i giocattoli tecnologici sono un business in crescita perché il progresso ha reso possibile trasferire tecnologie, processi produttivi e tecniche anche nell’ambito dei giocattoli permettendo così la realizzazione di nuovi e stimolanti giochi impensabili fino a 20-25 anni fa. Come ingegnere lui ritiene che l’aumento dell’offerta di giochi tecnologici di per sé sia un evento naturale legato al progresso e allo sviluppo tecnologico, una sorta di evoluzione.
Come sempre, essendo Stefano anche un papà, spesso cerca di capire e comprendere perché alle sue figlie piace “giocare con il tablet” e perché i giochi tecnologici abbiano, spesso, la capacità di “annientare” il gusto del giocare semplice dei bambini. A volte ci confessa di avere l’impressione che i giochi tecnologici siano dotati di una misteriosa forza di attrazione nei confronti dei bambini più potente di una grossa calamita.
Il punto è anche che senza l’intromissione dei genitori, che per primi avvicinano i propri bambini alle tecnologie, i piccoli non avrebbero opportunità di usare facilmente tablet, smartphone e computer. Ovviamente oggigiorno sono oggetti molto diffusi e sono diventati di uso quotidiano ed essenziale, quindi, come un tempo la televisione, è quasi impossibile “starne alla larga”. Questo status delle cose, ovviamente porta ad abbassare sempre più l’età in cui i bambini ne vengono in contatto e imparano ad usarli. Il punto di vista di Stefano Scarparo Alves è quello di chi crede che il problema della società di oggi non sia il vietare l’uso di dispositivi e giochi tecnologici (sarebbe piuttosto anacronistico seppur non impossibile!) ma quello di saper imporre dei limiti di utilizzo e saper spiegare ai bambini la differenza tra virtuale e reale. Quello che preoccupa nelle nuove generazioni è l’attrazione così forte per il virtuale direttamente proporzionale all’alienazione dalla realtà e dalla quotidianità di ognuno di noi.
La vera domanda è: “É così vero che i bambini di oggi preferiscono giocare con i giochi tecnologici? O forse lo preferiscono perché spesso è più semplice e comodo per noi genitori?”. Un esame di coscienza non guasta. E i giochi classici? Che ruolo hanno nella società di oggi? Si possono considerare ancora di moda? Anche noi, come Stefano, crediamo che i giochi classici e tradizionali nella società di oggi siano ancora molto importanti, forse lo sono ancora più di un tempo, perché sono questi i giochi che ci riportano alla realtà, alla quotidianità, alle emozioni del cuore e al fare concreto.
Virtualmente, anche le relazioni umane, sembrano più facili, ma…saltare la corda dal vero non è così semplice come farlo su un tablet. È facile costruire una torre con i mattoncini virtuali ma farla dal vero, osservare le oscillazioni e ascoltare il momento del crollo dei mattoncini è cosa diversa. È facile rincorrere gli avversari nello schermo ma correre in un prato, arrampicarsi su un albero, giocare a nascondino in un parco è cosa differente. È facile chattare e fare partite virtuali con compagni a distanza ma giocare tutti insieme davanti ad un gioco in scatola, condividere emozioni reali, risate o amarezza per la partita persa è ben differente.
Quella di Stefano e di Kidsonthetree, le cui proposte sono legate al mondo del vero e del tradizionale, anche se con grande spirito di innovazione, sono delle riflessioni, ma è bene ogni tanto fermarsi a pensare a cosa davvero dobbiamo fare noi genitori di fronte a questi interrogativi.
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